NewsAllarme "Takahashia Japonica"?
La takahashia japonica è una cocciniglia di origine asiatica, descritta per la prima volta su alberi di gelso in Giappone e diffusa anche in Cina, Corea del Sud e India. In Europa è stata segnalata per la prima volta in un parco comunale nel 2017 a Cerro Maggiore (provincia di Milano) su rami di Liquidambar styraciflua, ma è presente anche in altri comuni in provincia di Milano, Varese, Monza Brianza e Como.

Questa cocciniglia di recente introduzione nel nostro paese è altamente polifaga e si riscontra per lo più su alberi ornamentali. In Lombardia le piante colpite sono principalmente alberi decidui ornamentali tra cui aceri (in particolare Acer pseudoplatanus), albizzia (Albizia julibrissin), albero di giuda (Cercis siliquastrum), carpino bianco (Carpinus betulus), gelso nero (Morus nigra) e bianco (Morus alba), bagolaro (Celtis australis) e liquidambar (Liquidambar styraciflua). 

Facilmente riconoscibile grazie ai caratteristici ovisacchi dall’aspetto cotonoso, tubolari, formanti anelli lunghi da 4 a 5 cm di colore bianco. Gli ovisacchi, composti da sostanze cerose e contenenti migliaia di uova di colore aranciato grandi circa 0,5 mm, sono generalmente attaccati, a diverse altezze, ai rami giovani della pianta ma possono trovarsi anche sui getti laterali del tronco o in prossimità dei tagli di potatura.

Dalle prime osservazioni condotte in Lombardia l’insetto compie una sola generazione all’anno. In primavera, verso fine aprile inizio maggio, le femmine adulte producono i caratteristici ovisacchi. A fine maggio le neanidi escono dalle uova e migrano verso le foglie posizionandosi sulla pagina inferiore ove, con l’apparato pungente-succhiante, si alimentano della linfa rimanendovi fino al mese di ottobre epoca in cui ritornano sui rami per svernare continuando a nutrirsi della linfa.

La sua diffusione naturale è facilitata in caso di alberature monospecifiche disposte in filari lungo la strada.

Nota per la gestione delle infestazioni della cocciniglia Takahashia japonica Takahashia japonica:

Allo stato attuale, sembra essere più un problema estetico e mediatico che un reale e grave danno per le piante colpite. Ad oggi, il controllo di questo insetto risulta complesso per diversi motivi:

- incompleta conoscenza della biologia;
- mancanza di insetticidi specifici;
- restrizioni all’uso dei prodotti fitosanitari in ambito urbano.

Gli ovisacchi sono gommosi, cerosi ed estremamente resistenti alle intemperie. Una volta presenti sulle piante, possono essere eliminati solo tramite rimozione fisica dei rami infestati.

La lotta deve essere effettuata contro le forme giovanili, ovvero le forme vulnerabili dell’insetto. Interventi insetticidi sugli ovisacchi non avrebbero alcun effetto.

Un approccio di lotta diretta, che al momento deriva esclusivamente da valutazioni non validate, potrebbe riguardare:

- impiego di olii minerali alla ripresa vegetativa, per colpire le neanidi/ninfe svernanti;
- impiego di prodotti come olio di neem oppure olio essenziale di arancia nel corso dell’estate per colpire le neanidi;
- impiego di sali di potassio di acidi grassi che agiscono su membrane cellulari degli insetti;
- impiego di preparati microbiologici (ad es. contenenti Lecanicillium lecanii);
- trattamenti endoterapici, anche se ad oggi non si conoscono dati effettivi su questa tipologia di trattamento nei confronti di T. japonica.

Si ricorda che a seconda della tipologia di prodotti utilizzati può rendersi necessario l’avvallo del trattamento da un consulente abilitato ai sensi della Direttiva 128/2009 relativa all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Per quanto riguarda un possibile impiego di insetti antagonisti: - insetti predatori come Adalia bipunctata (Coleoptera: Coccinellidae), di cui si è notata un’attiva presenza su piante infestate da T. japonica, potrebbero aiutare a ridurre le popolazioni dell’insetto. Tuttavia, non è stato ancora valutato il vero impatto di questo predatore sulla popolazione italiana di T. japonica (Limonta et al., 2022); - recenti studi hanno dimostrato che attualmente nessun parassitoide è stato registrato su T. japonica nel Nord Italia (Limonta et al., 2022).

Non risulta possibile fornire ulteriori indicazioni in quanto, come indicato precedentemente, è possibile formulare solo delle ipotesi che dovrebbero essere validate da esperienze di campo su questa specie di così delicata gestione.